Le foto segnaletiche come arte contemporanea pop
A cura di Ermanno Ivone
20 e 7.
Non è l’improbabile sequel del fellinico 8 e1/2 o di 10 (un film del ’79 con Dudley Moore e Bo Derek che mi ha fatto scoprire e innamorare del Boléro di Ravel. Assolutamente da vedere. Assolutamente da ascoltare).
“20” e “7” sono i 20 minuti di arresto (fermo giudiziario) e 7 i milioni (di dollari, 6.434.296,6 di euro al cambio attuale) di ricavi. Senza neanche avere una pagina su Onlyfans.
Donald John Trump è il ciuffo biondo più visualizzato negli ultimi giorni. Ha trasformato (più probabilmente il merito è del suo staff illuminato) la sua foto segnaletica in un instant-business [e real-time marketing strategy] grazie alla vendita di gadget per fedelissimi e non solo.
Altri, pezzi da novanta della cultura popolare, ci hanno messo anni per raggiungere lo stesso successo.
Basti pensare alle t-shirt con il mug shot (foto segnaletica) di “El Maquico” Escobar, Frank Sinatra, Elvis Presley, Paul Newman (nella sua è visibile – in maniera non richiesta – anche la mano. Nelle prime foto segnaletiche di fine ‘800 era richiesto ai soggetti fotografati di mostrarle così da avere traccia di eventuali tatuaggi identificativi. Pratica non più in uso ma, sicuramente, di notevole interesse pop-antropologico se venisse reintrodotta come prassi).
Tralasciando i parallelismi – impossibili purtroppo, chapeau Trump e bulimia della società contemporanea – perché allora quella foto da cattivo è diventata così “ficcante” (terminologia di settore)?
Non c’è nulla che possa essere più interessante per l’essere umano del fascino irresistibile del male, della sua verve anticonformista, del super-io mascherato, della sua parte “oscura”. Conoscete qualcuno, un cugino, un amico di un amico, un cugino di un amico di un amico che non abbia idolatrato la rappresentazione del male con tanto di uniforme? No, non parlo di quello con i baffetti (please, non esageriamo). Parlo di Darth Vader (che noi italiani innamorati del doppiaggio non abbiamo potuto tenere nel suo nome originario per la troppa seduta vicinanza al raccoglitore sanitario di scorie umane e abbiamo preferito far conoscere come Fener).
Kubrick lo sapeva bene quanta forza e potenza identificativa può avere il “cattivo”.
Tanto che il suo occhio fotografico è stato etimologizzato in una posa consuetudinaria per esprimere uno status, quello appunto del malus: il Kubrick stare.
Testa inclinata verso il basso quanto basta, mento giù, fronte in abbondanza, sguardo in camera. Il Kubrick stare è fatto.
Siamo qui però per essere motore per il futuro. Di seguito troverete quindi dei semplici accorgimenti fotografici per essere dei perfetti neo-galeotti con un potenziale da sfruttare.
I consigli generali per un ritratto perfetto da riferire al delegato segnaletico sono:
- Connessione con il soggetto. Sicuramente tra l’accusato e il datore dell’ordine una certa connessione si crea sempre senza dover necessariamente arrivare alla sindrome di Stoccolma (“Il soggetto affetto dalla sindrome, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’amore e alla totale sottomissione volontaria”. Fonte Wikipedia)
- Valorizzazione della luce. Quella accecante e intimidatoria usata nella migliore tradizione filmica americana dei polizieschi è un elemento distintivo anche se rischia di peccare di sovraesposizione. Consigliamo di abbassare le ISO.
- Raccontare una storia attraverso gli occhi del soggetto. Meglio se la storia la racconta il soggetto sottoposto a fermo. Ma solo, per dovere di giustizia, in presenza del suo avvocato.
Oltre ai gadget, possiamo presto aspettarci l’ispirazione per un tatuaggio presa dalla descrizione che accompagna la foto segnaletica di Trump: “alto un metro e 90 per 97 chili, con occhi blu e capelli “biondi o fragola (strawberry blonde)”.
Scommetto sulla fragola come nuovo trend di questo prossimo autunno.
Se dovessi perdere, macedonia per tutti.
[Se volete approfondire il discorso segnaletico che elude dal codice stradale ma esplora l’antropologico richiamo al diavolo sulla spalla che dice “fallo!”, consiglio il libro “Accusare. Storia del Novecento in 366 foto segnaletiche” di Giacomo Papi]