Le Gallerie degli Uffizi (a Palazzo Pitti) omaggiano il pittore espressionista tedesco Rudolf Levy, allievo di Matisse, ebreo esule a Firenze, deportato e ucciso ad Auschwitz
A quasi ottant’anni dalla morte e a pochi giorni dalla ricorrenza del Giorno della Memoria le Gallerie degli Uffizi rendono omaggio al pittore espressionista tedesco, allievo di Matisse, Rudolf Levy (Stettino 1875 – Auschwitz 1944), dedicandogli in Palazzo Pitti una grande retrospettiva, che copre tutta la sua attività.
Le 47 opere in mostra raccontano la tormentata esistenza di Levy attraverso i suoi dipinti, dagli anni giovanili fino a quelli dell’esilio, tra cui gli ultimi trascorsi proprio a Firenze e considerati i più prolifici dal punto di vista artistico.
Il giovane Levy inizia a dipingere in Germania sotto la guida di Heinrich von Zügel, uno dei fondatori della Secessione di Monaco. Si trasferisce poi a Parigi, dove frequenta assiduamente la scuola di pittura di Henri Matisse.
Si trasferisce a Berlino realizzando la sua prima mostra personale, facendosi conoscere ad una cerchia più ampia di pubblico e critica. Quando iniziano le persecuzioni naziste contro gli ebrei, Levy lascia la Germania trasferendosi a Maiorca, in Francia, negli Stati Uniti, in Dalmazia.
Nel 1938 arriva in Italia, passando per Ischia, Roma, e nel 1941 giunge a Firenze.
Nella sua stanza-atelier a Palazzo Guadagni in piazza Santo Spirito, Levy ritrova la perduta felicità creativa: dal 1941 al 1943 realizza oltre cinquanta dipinti, in prevalenza nature morte e ritratti. Il 12 dicembre del 1943, dopo l’occupazione tedesca, viene arrestato e incarcerato e trasferito a Milano. Il 30 gennaio 1944 è messo su un treno per Auschwitz, nello stesso trasporto di Liliana Segre.
Giunto ad Auschwitz viene presumibilmente avviato subito alle camere a gas perché considerato troppo vecchio per essere utilizzato per il lavoro e la sua presunta data di morte è quella dell’arrivo del convoglio ad Auschwitz, il 6 febbraio 1944.
La mostra di Palazzo Pitti, nata da un’idea di Klaus Voigt, insigne studioso dell’esilio di ebrei e antinazisti in Italia, ha lo scopo di far conoscere Levy al grande pubblico: a causa della feroce repressione nazista nei confronti degli ebrei e contro la cosiddetta ‘arte degenerata’, le opere di questo artista presenti nelle collezioni dei musei tedeschi andarono in larga parte trafugate o disperse.
Nell’immediato dopoguerra, a Levy vennero dedicate due mostre, ma in seguito il pittore non è stato più portato all’attenzione del grande pubblico. Il progetto degli Uffizi è stato curato dallo stesso Klaus Voigt, recentemente scomparso, Susanne Thesing, autrice della monografia su Levy, Vanessa Gavioli, curatrice delle Gallerie degli Uffizi, e Camilla Brunelli, direttrice del Museo della Deportazione e Resistenza di Prato.
L’esposizione si articola in tre sezioni. La prima illustra una selezione di opere giovanili dipinte fino alla prima Guerra Mondiale, dove è forte l’influenza di Henri Matisse.
I dipinti dal 1919 al 1933, periodo precedente all’esilio costituiscono il secondo capitolo del percorso: ancora centrale, in questo nucleo di lavori, il costante dialogo con l’arte di Matisse ma anche con quella di altre avanguardie.
La terza parte rispecchia l’opera tarda nell’età dell’esilio, dal 1933 al 1943, ed accoglie dipinti che furono esposti in mostra a Firenze nel 1946 e nel 1950. In aggiunta, ve ne sono altri mai esposti finora in Italia, che si trovano oggi in collezioni private e pubbliche, soprattutto in Germania.
LUOGO
Palazzo Pitti
Firenze